Liste d’attesa sanitarie: il 42% degli italiani rinuncia alle cure

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Le liste d’attesa nella sanità pubblica italiana sono diventate un muro invisibile tra i cittadini e il diritto alla cura. Il 42% delle persone ha rinunciato almeno una volta a farsi curare. In questo articolo esploriamo i numeri dietro questa emergenza silenziosa, le sue cause strutturali e il potenziale della digitalizzazione per costruire un sistema sanitario più accessibile ed efficiente.


Un Paese in attesa

C’è chi aspetta mesi per una visita. C’è chi, nel frattempo, peggiora. E poi c’è chi, semplicemente, smette di provarci.

Le liste d’attesa non sono solo una statistica. Sono esperienze reali. Secondo il CENSIS, il 42% degli italiani ha rinunciato a curarsi almeno una volta a causa dei tempi troppo lunghi per accedere a una prestazione sanitaria. Non perché volesse, ma perché non aveva scelta.

Quello che doveva essere un sistema universale e accessibile a tutti, oggi mostra limiti crescenti. Le persone si trovano spesso di fronte a un bivio: attendere per mesi o affrontare spese importanti nel privato.

In questo articolo analizziamo i dati, ascoltiamo le storie che non fanno notizia e riflettiamo su come la tecnologia possa contribuire a ricostruire un accesso più giusto alla salute.


I numeri dietro le liste d’attesa

Secondo i dati raccolti dal Monitoraggio Nazionale dei Tempi di Attesa (AGENAS), meno del 60% delle prestazioni sanitarie nel pubblico rispettano i tempi massimi previsti dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Alcuni esempi significativi:

  • Visita oculistica: fino a 180 giorni in alcune ASL
  • Esame di risonanza magnetica: oltre 150 giorni
  • Visita cardiologica: 90-120 giorni
  • Intervento di protesi d’anca: fino a 270 giorni

A peggiorare il quadro è la disomogeneità territoriale. I cittadini del Mezzogiorno sperimentano liste d’attesa sistematicamente più lunghe rispetto al Nord, contribuendo a un fenomeno crescente di “migrazione sanitaria”.


Perché il sistema è bloccato?

Il sistema sanitario italiano è alle prese con problemi strutturali e organizzativi ormai cronici:

  • Carenza di personale: in molte Regioni mancano specialisti, infermieri, tecnici sanitari.
  • Strutture sottodimensionate rispetto alla domanda crescente.
  • Tecnologie obsolete che rallentano i processi diagnostici.
  • Gestione amministrativa complessa, con sistemi di prenotazione non interoperabili.
  • Tagli progressivi alla spesa sanitaria pubblica negli ultimi 10 anni.

L’effetto è un sistema a doppia velocità: chi ha risorse si rivolge al privato, chi non le ha è costretto ad aspettare. In mezzo, milioni di cittadini disillusi.


Rinunciare a curarsi: le storie che non fanno notizia

Le persone più colpite dal problema sono spesso le più vulnerabili:

  • Anziani con malattie croniche
  • Lavoratori precari
  • Residenti in aree rurali
  • Persone con basso reddito

Secondo il Rapporto PIT Salute di Cittadinanzattiva (2022), tra i principali motivi di lamentela da parte dei cittadini vi sono proprio i tempi d’attesa eccessivi per visite ed esami diagnostici. Molti segnalano di aver dovuto rinunciare alle cure per l’impossibilità di prenotare entro i tempi necessari o di sostenere i costi del privato.

Le conseguenze? Diagnosi tardive, aggravamento delle condizioni di salute, perdita di fiducia nel sistema.


Soluzioni digitali e nuovi modelli organizzativi

La digitalizzazione della sanità è uno degli strumenti chiave per ridurre le liste d’attesa. Non si tratta di sostituire l’assistenza tradizionale, ma di affiancarla e renderla più accessibile.

Le tecnologie oggi permettono di:

  • Prenotare prestazioni in tempo reale
  • Offrire teleconsulti per prestazioni non urgenti
  • Ottimizzare le agende dei professionisti
  • Integrare le agende pubbliche e private
  • Gestire la documentazione clinica in modo digitale

Strumenti come la telemedicina, la cartella clinica elettronica interoperabile e le piattaforme digitali di prenotazione possono contribuire ad alleggerire il carico sulle strutture pubbliche e migliorare la qualità dell’assistenza.

Tuttavia, la digitalizzazione da sola non basta. Serve un investimento sistemico e un coordinamento efficace tra pubblico, privato e territori.


E ora? Azioni concrete per il futuro

Per affrontare le liste d’attesa in modo efficace è necessario un piano d’azione che includa:

  • Assunzione e formazione di nuovo personale sanitario
  • Potenziamento della sanità territoriale
  • Estensione degli orari di attività ambulatoriale
  • Diffusione e standardizzazione della sanità digitale
  • Maggiore integrazione tra i diversi livelli di assistenza

Nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sono previsti fondi specifici per la digitalizzazione e il rafforzamento della sanità territoriale. Il successo di queste riforme dipenderà dalla capacità di tradurre le intenzioni in interventi concreti.


FAQ – Domande frequenti

Quanto si aspetta mediamente per una visita in Italia?
Secondo Agenas, i tempi variano da 30 a oltre 180 giorni a seconda della Regione e della prestazione.

Chi sono i più colpiti dalle liste d’attesa?
Anziani, malati cronici, persone con basso reddito e chi vive in aree periferiche o del Sud.

La sanità digitale può aiutare?
Sì. Se ben implementata, può ridurre i tempi, aumentare l’efficienza e migliorare l’esperienza del paziente.

È previsto un piano per migliorare la situazione?
Sì, tramite il PNRR e riforme regionali. Ma la realizzazione richiede tempo e coordinamento.


Conclusione

Rinunciare a curarsi è una realtà quotidiana per milioni di italiani. Non per scelta, ma per necessità. Le liste d’attesa sono una delle emergenze silenziose del nostro sistema sanitario.

Affrontarle richiede visione, risorse e coraggio. Ma anche l’umiltà di accogliere soluzioni nuove. La digitalizzazione, se ben governata, può essere una leva concreta per costruire una sanità più equa, vicina e sostenibile.


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